Il filosofo ebraico Yishaq Luria sviluppò una interpretazione apparentemente
in contrasto con la tradizione rabbinica, affermando che l'Essere non
emana dal Divino in senso classico, ma sarebbe il risultato di una
"volontaria" (o necessaria?) implosione di Dio, un suo ritrarsi,
una sua contrazione (questo il significato di "tzim tzum" appunto) per
lasciare spazio, in senso metafisico, alla manifestazione dell'Essere.
Per molti interpreti successivi questo discorso di Luria vorrebbe
sottolineare la distanza tra creatore e creatura, allontanandosi anche
da tentazioni panteiste.
Secondo me invece l'autolimitazione del Divino, considerata ovviamente
al di fuori di ogni immagine meramente "spaziale" di questo processo,
può ben prestarsi a rappresentare il passaggio dalla potenza
(in sè "indefinita" o meglio "definibile") all'atto (in sè
"definito", quindi "fissato") in quanto quest'ultimo è limitato
in quanto già realizzato.
Più che un' "eresia", considero il pensiero luriano un approfondimento...
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Che il Divino, comunque lo percepiamo, ci illumini.